Per misurare l’attuazione delle politiche volte alla conciliazione degli impegni casa-lavoro l’indicatore principale è rappresentato dalla percentuale di bambini tra 0 e 3 anni che fruisce dei servizi per l’infanzia riferito al totale della popolazione 0-3 anni; l’Umbria nel 2012 (ultimo dato disponibile), con una quota pari al 15,4%, si colloca sopra la media nazionale pari al 13%.
In prima posizione si trova l’Emilia Romagna, seguita dalla Toscana. In ultima posizione si trova la Calabria dove solo il 2,1% dei bambini usufruisce dei servizi.
Dal 2004 al 2012, l’Umbria ha fatto registrare un incremento dello stesso dato di 1,6 percentuali, in linea l’andamento nazionale.
Cartogramma. Utenza dei servizi per l’infanzia
Grafico. Presa in carico ponderata dell’utenza dei servizi per l’infanzia
Percentuale di bambini tra zero e fino al compimento dei 3 anni che hanno usufruito dei servizi socio-educativi per la prima infanzia (asili nido o servizi integrativi) di cui il 70% in asili nido, sul totale della popolazione in età 0-2 anni
Un indicatore utile per misurare le politiche attuate in materia di servizi essenziali è rappresentato dalla diffusione sul territorio del servizio di assistenza domiciliare integrata (Adi) agli anziani. Per Adi si intende la possibilità di fornire al domicilio del paziente interventi socio – sanitari, che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere, salute e funzione.
L’indicatore coglie, seppur parzialmente, anche aspetti di accessibilità e qualità del servizio, visto che l’assistenza domiciliare rappresenta una modalità avanzata e efficiente di erogazione dei servizi di cura all’anziano rispetto a quelli tradizionali.
In Umbria la quota di anziani che fruisce dei servizi di Adi nel 2012 è pari al 7,9% (il 4,3% in Italia), in crescita rispetto al 2011 (7,3%). Nel periodo 2001-2012 lo stesso dato ha registrato un incremento notevole passando dall’1,5% al 7,9%.
Un indicatore significativo per la valutazione dell’esclusione sociale è rappresentato dall’incidenza delle persone che vivono in famiglie povere.
In generale, infatti, la povertà è fortemente associata alla struttura familiare, con riferimento sia alla sua dimensione che alla sua composizione (ad esempio, la presenza di componenti anziani), e risulta correlata a bassi livelli di istruzione, a lavori scarsamente qualificati e alla disoccupazione.
In Umbria gli individui definiti “poveri” nel 2015 rappresentano il 13,6% della popolazione. Nel 2015, rispetto all’anno precedente, l’incidenza della povertà è aumentata di 2,3 punti percentuali.
A livello nazionale continua a registrarsi il divario esistente tra le regioni del nord e quelle del sud, con percentuali di individui che vivono in famiglie povere al sud più che doppie rispetto alla media nazionale. Il primato negativo spetta alla Sicilia con il 33,1% di poveri tra i residenti.