Oggi uno dei rimedi per aumentare la produttività del lavoro va ricercato non solo in un incremento delle retribuzioni ma anche delle condizioni complessive del rapporto di lavoro, che divengono sempre più un fattore rilevante nella valutazione dei dipendenti sul proprio impegno lavorativo.
I contratti lavorativi infatti, come spiegava nel 1982 il Premio Nobel per l’economia George Akerlof, non sono semplicemente uno scambio di corrispettivi monetari contro lavoro ma devono considerare altri fattori come la reciprocità, il senso di appartenenza, la sicurezza del lavoro. Perché i lavoratori non sono motivati solo dalla ricompensa monetaria, ma anche dal riconoscimento di un senso di equità nei loro confronti e questo induce atteggiamenti positivi incentivanti lo stesso impegno lavorativo.
In altri termini l’aumento della produttività del lavoro non è un antecedente dell’eventuale aumento dei salari, ma può rappresentare esso stesso l’effetto dell’incremento dei salari.
In un contesto che vede l’Italia assolutamente indietro tra i paesi industrializzati per aumento dei salari reali, all’ultimo posto per variazione del salario reale rispetto al 2019, è fondamentale non considerare il salario una variabile dipendente esclusivamente dall’andamento della produttività del lavoro perché, dinanzi anche al cambiamento dei “valori del lavoro”, un approccio di questo tipo aggraverebbe ulteriormente il nostro gap di produttività, accrescendo il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, aumentando il turnover lavorativo, con effetti scarsi o nulli sul miglioramento della competitività delle nostre produzioni.
Produttività del lavoro che, da noi, cresce poco rispetto agli altri paesi. Tra il 1995 e il 2022 è aumentata in media annua meno della metà di quella europea (0,8% contro 1,8%). Perciò al decremento dei salari reali si è accompagnata una crescita stagnante della produttività.
Da un’analisi dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, tuttavia, emerge come le aziende che adottano misure per trattenere i giovani talenti (non solo retributive ma anche nel campo dei servizi accessori e delle prospettive di carriera) hanno una produttività del 10% superiore alle altre imprese.
Queste e altri dati e evidenze sulla funzione di “ricompensa” dei lavoratori, in un contesto attuale in cui il lavoro è solo una delle componenti della vita, e dove acquistano valore elementi ulteriori che riguardano le prospettive di carriera, l’ambiente di lavoro, la conciliazione famiglia-relazioni personali-lavoro, sono al centro della riflessione esposta dal direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, nell’articolo pubblicato sul blog di HuffPost dal titolo “La produttività cresce migliorando le retribuzioni e la qualità del lavoro”